Dare la vita per la libertà. L’esempio di Sophie Scholl.

PREMESSA: in questo blog non scrivo nulla, e non ho mai riportato nulla,  che sia stato già da me redatto altrove. Ma, oggi, dopo aver ascoltato e letto alcune notizie italiane, non trovavo miglior risposta che in un post che pubblicai il 1 febbraio del 2020, nella mia pagina personale di Facebook.  Dedico queste parole a tutti coloro che oggi lottano, pacificamente e civilmente, perchè la nostra libertà personale non venga mai violata. Anche se i presupposti non sono dei migliori. Ai gentili lettori di questo blog, chiedo scusa per l’eccezione, sicuro che essi comprenderanno.
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Dare la vita per la libertà. L'esempio di Sophie Scholl.
Nella foto, Sophie Scholl.
Come sapete, durate il regime nazista, alcuni tedeschi cercarono di opporsi alla politica delirante di  Hitler ed i suoi.
Tra questi il gruppo conosciuto con il nome la “Rosa Bianca (formato da un gruppo di studenti cristiani che si oppose in modo non violento al regime della Germania nazista. Il movimento fu attivo dal giugno 1942 al febbraio 1943, quando i principali componenti del gruppo vennero arrestati, processati e condannati a morte mediante decapitazione.)
Tra questi ragazzi c’era Sophie Scholl insieme a suo fratello maggiore Hans.
La preparazione personale e religiosa di Sophie (naturalmente non tutti gli oppositori tedeschi al regime erano credenti, nda) la portò ad allontanarsi quindi dal modello hitleriano e, con gli amici ed il fratello Hans si avvicinò sempre più all’insegnamento evangelico e fece sue le ragioni di un cristianesimo lontano dal potere politico.
Tra giugno e luglio 1942 il gruppo della Rosa Bianca distribuì centinaia di copie di volantini in modi diversi: spedendoli a indirizzi scelti casualmente, lasciandoli alle fermate dei mezzi pubblici o nelle cabine telefoniche. Il loro tentativo voleva indurre chi leggeva ad obbedire ad una legge morale superiore e a rifiutare il militarismo.
Il 18 febbraio 1943, mentre distribuiva alcuni volantini all’Università di Monaco, Sophie fu scoperta dal custode Jakob Schmid, denunciata e fatta arrestare, col fratello.
Rinchiusa nella stessa cella di Else Gebel, venne sottoposta per quattro giorni a interrogatorio da parte della Gestapo e riconosciuta colpevole di alto tradimento e processata insieme al fratello Hans e all’amico Christoph Probst, che nel frattempo era stato arrestato anche lui.
I tre non tradirono i loro compagni, addossandosi ogni responsabilità né  accettarono di firmare nessuna ritrattazione, perché affermavano di aver agito secondo coscienza e per il  bene del popolo tedesco.
Robert Mohr, l’uomo della Gestapo che la interrogò, le chiese«”… non si sente colpevole di aver diffuso e aiutato la Resistenza, mentre i nostri soldati combattevano a Stalingrado? Non prova dispiacere per questo?”» 

Sophie rispose:

«”No, al contrario! Credo di aver fatto la miglior cosa per il mio popolo e per tutti gli uomini. Non mi pento di nulla e mi assumo la pena!”»
Il 22 febbraio 1943 si celebrò il processo a Monaco. I tre ragazzi furono condannati a morte dal Tribunale del Popolo presieduto dal giudice Roland Freisler.
Furono subito dopo condotti nell’edificio dove avvenivano le esecuzioni capitali, alla prigione di Stadelheim, ed i loro genitori chiesero di vederli per l’ultima volta, incontro che fu loro concesso, cosa mai accaduta durante il Terzo Reich.
I tre amici furono ghigliottinati lo stesso giorno nel cortile della prigione di Monaco, Stadelheim, dal boia Johann Reichhart. L’esecuzione venne supervisionata dal dottor Walter Roemer, il capo di polizia della corte distrettuale di Monaco.
Le ultime parole di Sophie, prima di morire, furono:
«Come possiamo aspettarci che la giustizia prevalga quando non c’è quasi nessuno disposto a dare se stesso individualmente per una giusta causa? È una giornata di sole così bella, e devo andare, ma che importa la mia morte, se attraverso di noi migliaia di persone sono risvegliate e suscitate all’azione?»
Cara Sophie, che il tuo esempio possa toccare i cuori di tante persone della nostra generazione perchè ci sia un risveglio delle coscienze al fine di difendere uno dei primari diritti della persona umana: quello della libertà. 

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