Etty Hillesum, si possono superare delle tragedie umane senza l’aiuto di Dio?

PREMESSA: Come i miei affezionati lettori sanno, cerco di condividere qui, nel mio spazio web, tutto ciò che riguarda la mia scrittura. Stamattina, mi sono imbattuto in questa riflessione che avevo scritto come nota sulla mia pagina personale di Facebook il 14 marzo 2021. La ripropongo qui, così come l’avevo scritta, eventualmente con i suoi limiti essendo stata redatta in modo estemporaneo. 

Etty Hillesum, si possono superare delle tragedie umane senza l’aiuto di Dio?
In questa foto è ritratta Etty Hillesum. La scrittrice olandese ebrea vittima dell’Olocausto.

 

Si possono superare le tragedie umane senza l’aiuto di Dio?

Ognuno può trovare una risposta personale a questo quesito.

Etty Hillesum, personaggio eccezionale con un vissuto così profondo ed intenso, tra incontri con uomini studiosi della psiche umana, al limite dell’occultismo, e la conoscenza della Bibbia, non può essere raccontato in un semplice post. Ma, brevemente, Etty era olandese di origine ebrea (nata a Middelburg, in Olanda il 15 gennaio 1914) e si lasciò coinvolgere nella persecuzione del suo popolo.

Scrisse un ‘Diario’ e delle ‘Lettere’. Deportata ad Auschwitz, morì lì il 30 novembre del 1943.

Ad un certo punto, Etty, di fronte alla tragedia della Shoah, affermò anche sul suo Diario: “Se Dio non mi aiuterà, sarò io ad aiutare Dio.”

Sono sicuro che questa sua affermazione non fu un ‘rimprovero’ verso il Signore.

Ma la mia domanda è questa: veramente Dio non l’aiutò?

Una persona che ha vissuto ciò che ha vissuto, che ha visto l’atrocità che solo chi è stato nei campi di concentramento nazisti può conoscere, che scrive anche: “Le tue lezioni sono dure, mio Dio, lascia che io sia la tua buona e paziente allieva. Sento di essere uno dei molti eredi di un grande patrimonio spirituale. Come posso ringraziarti, mio Dio, per tutto il bene che fai affluire in me, ininterrottamente. Per tutta l’amicizia, per i molti pensieri fecondi, per il grande amore che c’è in me e che io riesco a riversare in tutto, a ogni passo.”

Ma anche: “Vivere è un bene ovunque, anche dietro il filo spinato e dentro le baracche tutte spifferi, purché si viva con l’amore necessario nei confronti degli altri e della vita.”

Dal treno che da Westerbork, direzione Auschwitz, Etty getta da quel treno l’ultima cartolina: «Apro a caso la Bibbia e trovo questo: Il Signore è il mio alto ricetto. Sono seduta sul mio zaino nel mezzo di un affollato vagone merci. Papà, la mamma e Mischa sono alcuni vagoni più avanti. La partenza è giunta piuttosto inaspettata, malgrado tutto. Un ordine improvviso mandato per noi dall’Aja. Abbiamo lasciato il campo cantando, papà a mamma molto forti e calmi, e così Mischa (…) Arrivederci da noi quattro.»

No, non posso pensare che si possano scrivere queste cose, vivere come ha vissuto Etty le avversità della persecuzione nazista se non ci fosse stato Dio dentro di lei.

E credo che lei lo sapesse.

Questa è la mia opinione, anche non condivisibile naturalmente.

Ma, secondo me, non ci può non essere l’aiuto, la luce di Cristo in persone che hanno attraversato l’oscurità del Male ricevuto senza vincerlo in questo modo.

Una Luce, il Dio che Etty ha cercato ed ha trovato.

 

 

 

 

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