Giulio, il ragazzo che si credeva debole.

Giulio, il ragazzo che si credeva debole.

 

C’era una volta (e ancora oggi ce ne sono tanti come lui) un ragazzo di nome Giulio che abitava in un paese dal nome Ognidove.

 

 Giulio non era forte fisicamente, almeno così sembrava, e a peggiorare questa sua condizione corporea e psicologica era il fatto che lui ci credeva di essere fiacco. Inoltre, i suoi coetanei, che forti lo erano, almeno in apparenza, lo deridevano.

 

Un giorno d’inverno, una forte pioggia, si abbatté sulla sua cittadina.

 

Le strade incominciarono a riempirsi d’acqua. Era difficile camminare.

 

Oltre alla pioggia, un forte vento si accanì su Ognidove.

 

Tutte le famiglie del paese avevano un proprio orto, un proprio campo, che dava loro da mangiare.

Il pericolo era che le piantagioni potevano essere distrutte da questo maltempo con la conseguenza che il cibo disponibile per ogni casa sarebbe scarseggiato.

 

Il ragazzo era figlio unico, il solo a esserlo in quella comunità.

 

I suoi genitori, tra l’altro, erano anziani, avendo avuto Giulio in tarda età.

 

Al contrario, i genitori degli altri ragazzi erano più giovanili d’età di quelli del nostro personaggio.

 

A Giulio spettava, quindi, in questo frangente, non solo la responsabilità della propria sopravvivenza ma anche quella dei suoi cari.

E mentre tutti quanti cercavano di raccogliere più provviste possibili dai loro campi, il ragazzo veniva deriso perché ritenuto inidoneo al compito. Come poteva lui, con quelle condizioni fisiche, raccogliere il cibo necessario per lui e la sua casa, pensavano gli altri ragazzi, i quali, forti, almeno in apparenza, con i loro genitori giovani, si apprestavano a lavorare sui loro terreni.

Cosa che fece pure Giulio che nel mentre pensava: “io sono debole, loro, gli altri ragazzi, sono fortissimi, loro raccoglieranno più di me”.

 

Ma, alla fine del raccolto, mentre ancora la pioggia e il vento infuriavano su Ognidove, il ragazzo, riuscì a mettere da parte non tutto il cibo possibile ma quello fattibile e necessario per sé e la sua famiglia.

 

Alla luce di ciò, Giulio rifletté in cuor suo queste parole: “Io NON sono debole, loro NON sono fortissimi, io, in proporzione, ho raccolto più di loro”.

 

Continuando a ragionare in questo modo, ponderò, tra sé e sé,” Allora, ho raggiunto un grande obiettivo, gli altri sono forti ma io sono FORTISSIMO”.

 

Ottenuto questo successo della raccolta durante la tempesta, il ragazzo si riempi di orgoglio. Un sano orgoglio.

 

Oggettivamente, infatti, aveva fatto quello che altri non avevano compiuto, in relazione alle proprie possibilità personali e ambientali.

 

All’improvviso, mentre Giulio realizzava tutto questo, smise di piovere e il vento si calmò.

 

Da quel giorno in poi il nostro personaggio si sentì forte dopo aver considerato tutto quello che recentemente e nel suo passato era riuscito a fare e a tutti gli ostacoli che aveva superato.

 

Gli altri suoi coetanei percepirono l’avvenuta realizzazione positiva di sé stesso, da parte di Giulio.

Nel mentre, il ragazzo dopo questo successo, ne ottenne uno dopo l’altro

.

MORALE: se tu, realisticamente, rivedi la tua vita, con tutte le difficoltà che hai superato, il circolo da vizioso, dei tuoi pensieri, diventa virtuoso. Perché vale di più quello che hai affrontato e superato con successo che quello che non hai potuto ottenere.

di Romano Scaramuzzino

Questo mio breve testo è frutto della visione di un video della giovane psicologa e studiosa di filosofia Benedetta Santini. Divulgatrice, nota e apprezzata, di una filosofia applicativa alla vita. 

Giulio, il ragazzo che si credeva debole.
Nella foto, tratta dal suo profilo LinkedIn, Bendetta Santini.

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